Ci sono emoji per ogni gusto e per ogni esigenza e a cadenza regolare ne vengono rilasciate di nuove, a testimonianza del consolidamento del loro utilizzo e della loro inclusività. Secondo una recente indagine le emoji più utilizzate sono legate a emozioni positive.
Ci sono emoji per ogni gusto e per ogni esigenza e a cadenza regolare ne vengono rilasciate di nuove, a testimonianza del consolidamento del loro utilizzo e della loro inclusività, ma al primo posto troviamo la faccina che piange di gioia (usata dal 53% del campione italiano), seguita dallo smile che sorride (18%) e dalla faccina con gli occhi a forma di cuore (16%).
E se il 100% del campione usa abitualmente le emoji per rendere i messaggi più veloci e sintetici, il 42% degli intervistati ritiene che sia meglio non utilizzarle nelle comunicazioni formali e il 25% dichiara che sarebbe meglio evitarne l’utilizzo in ambito lavorativo (sia tra colleghi che con il proprio responsabile).
Il termine emoji deriva dal giapponese e significa pittogramma, cioè un disegno o un simbolo in uno o più colori immediatamente riconoscibile. La prima faccina risale al 1998 e fu creata da Shigetaka Kurita, che all’epoca lavorava sui dispositivi mobili della società di telecomunicazioni NTT DoCoMo. Il primo set conteneva circa 172 simboli pittografici, da 12 pixel per lato, ed era ispirato al mondo dei manga.
La loro diffusione nel resto del mondo si deve all’inserimento nel sistema di codifica Unicode. A oggi ne sono disponibili a migliaia, sia sui dispositivi Android che iOS, e vengono utilizzate in modo continuativo dall’83% degli utenti.
A oggi si contano ben oltre 1800 immagini, tra oggetti, animali, bevande e trend. La diffusione è stata tale da portare l’Oxford Dictionary a eleggere la faccina che ride come parola dell’anno già nel 2015. E alcuni linguisti vedono nella sua diffusione una minaccia per la lingua scritta, siamo sicuri che l’ascesa di queste piccole immagini non si arresterà e continueranno a lungo ad arricchire le nostre conversazioni.
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