Social media e società: il lato oscuro di Facebook

14 Dic 2018

Quando nel Febbraio del 2004 fu lanciato il social media e social network Facebook, probabilmente i suoi stessi fondatori – Mark Zuckemberg, Eduardo Saverin, Dustin Moscovitz, AndrewMcCollum e Chris Hughes – non si aspettavano una crescita di tale proporzioni.

Il sito nacque come progetto inizialmente destinato all’Università di Harvard, ma si diffuse in maniera capillare negli atenei di Boston, a Stanford e in molti college della Ivy  League. Aperto via via agli studenti dei licei prima e a chiunque dichiarasse di avere più di 13 anni, è ad oggi il terzo sito più visitato al mondo – dopo Google e Youtube.

Per il nome, i suoi creatori presero spunto da un elenco che le università statunitensi distribuiscono all’inizio dell’anno accademico, contenente nomi e foto degli studenti, per facilitare le interazioni tra loro.

Da quell’intuizione di tempo ne è passato e oggi Facebook è disponibile in più di 100 lingue e ha raggiunto la cifra record di 2,2 miliardi di iscritti (maggio 2018).

Il social network per eccellenza consente di creare un profilo previa registrazione gratuita tramite l’inserimento di dati personali quali nome, cognome e indirizzo mail. Una volta completata la registrazione – che prevede l’inserimento della data di nascita “per favorire una maggiore autenticità e consentire l’accesso ai vari contenuti in base all’età” (Facebook, NdA) – ogni utente può creare la propria rete sociale aggiungendo amici, condividendo notizie, foto o video e scambiando messaggi. Attualmente, il social network è concepito sia per persone fisiche che per aziende attraverso i servizi offerti da Facebook for Business.

Aziende, professionisti e istituzioni utilizzano ormai abitualmente i social media e in particolare Facebook, come strumento fondamentale di supporto alle attività di comunicazione e marketing. Facebook, insieme a Twitter, Instagram, Tumblr,Pinterest, Snapchat, permea le nostre vite, estende gli ambiti delle attività, contribuisce ad aumentare la produttività in determinati ambiti e crea una comunicazione nuova, immediata e partecipativa. Insomma, diffonde idee e consente di creare ed esplorare nuove frontiere di business.

Negli ultimi anni, tuttavia, Facebook ci ha messi davanti al suo lato oscuro fatto di fake news e mancanza di sicurezza (si veda il caso Cambridge Analytica). A questo, secondo recenti studi, bisogna aggiungere il ruolo decisivo giocato (insieme ad altri social network) nella radicalizzazione politica e nella diffusione di idee intolleranti, razziste e complottistiche.

Da qualche mese a questa parte, Facebook fatica a conquistare consensi. Nonostante gli iscritti abbiano raggiunto una cifra ragguardevole, si iscrivono sempre meno persone negli Stati Uniti e in Europa addirittura si registrano delle cancellazioni dal social network.

A preferire l’assenza su Facebook sono soprattutto i giovani, che prediligono canali social meno aggressivi come per esempio Instagram. I motivi possono però essere più profondi e slegati dalla preferenza verso l’uno o l’altro social network. Come sostenuto dal filosofo S. Matthew Liao sul New York Times, può far capolino all’orizzonte il dovere morale di cancellarsi da Facebook.

Liao, direttore del centro di bioetica presso la New York University, parte dalle due possibili varianti di doveri morali: quelli verso noi stessi e quelli verso gli altri.

Lasciare Facebook come dovereverso noi stesso si configura come necessità data dal tempo eccessivo trascorso online oppure come risposta propositiva al senso di inadeguatezza che il continuo confronto con gli altri utenti porta.

Lasciare Facebook come dovere verso gli altri è invece strettamente connesso con le problematiche emerse negli ultimi anni e con le accuse di indebolimento dei valori democratici imputabile al social network. Si prendano come esempi il ruolo ricoperto da Facebook nell’elezione di Donald Trump nel 2016 oppure nelle campagne razziste in Myanmar verso la minoranza rohingya. Questi episodi e il caso Cambridge Analytica provano la responsabilità di Facebook nella diffusione indiscriminata di fake news, perpetrata per anni, che ha arrecato danni a persone o gruppi di persone. Da qui l’interrogativo morale sulla presenza (o assenza) da Facebook per chi lo utilizza come fonte di informazione. E se invece l’uso del social network fosse dovuto alla curiosità di sapere cosa fanno i nostri amici? Anche in questo caso, Liao parla di interrogativo morale.

Innanzitutto, rimanere su Facebook incentiva i nostri amici a farlo a loro volta; ogni singolo utente, suo malgrado, aiuta Facebook a migliorare l’algoritmo e contribuisce alla diffusione di fake news; infine, rimanere su Facebook non riguarda solo il singolo ma l’intera collettività.

Possiamo fare come Liao, rimanendo cioè su Facebook e aspettando il momento in cui il suo lato oscuro supererà ogni limite, oppure abbandonarlo sin da ora.

Il libero arbitrio, insomma, incontra i social network e l’interrogativo rimane sospeso. Una cosa però è certa:  il processo di allontanamento sarà lento, ma inesorabile.

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